Il social cinese ricettacolo di violenza, bullismo, incitamento alla criminalità e glorificazione dei boss. Ma è tutto così nero? Il parere degli esperti.
Una vita virtuale che emula e rimodula quella reale e che promette, non mettendo la promessa, più realtà della realtà stessa ma che di fatto allontana da essa. È il mondo proposto dai social network che, dall’esplosione di Facebook in poi, hanno permesso l’eliminazione delle distanze, la divulgazione istantanea dell’informazione e concesso a tutti il diritto di parola.
Eppure queste nuove opportunità, che potevano e dovevano essere sfruttate diversamente, si sono rivelate, in tantissimi casi, delle armi a doppio taglio che hanno trasfigurato il senso della realtà e della quotidianità.
Con Facebook c’era stato un primo campanello d’allarme con la diffusione incontrollata delle ‘fake-news’, ma il social creato da Mark Zuckerberg era troppo ‘lento’ e pretenzioso per i giovani che così hanno dirottato la loro attenzione verso Instagram , più dinamico, veloce ed interattivo, e dove, grazie alla labilità come concetto di base, è possibile crearsi una vita virtuale mutevole e senza radici. Infine è arrivato Tik-Tok, dove le parole hanno ancor meno importanza che per Instagram, che punta tutto sulla ricerca spasmodica della popolarità a tutti i costi garantendo visibilità e anche guadagni grazie alle ‘views’ dei video condivisi.
È proprio la garanzia della popolarità alla base del successo del social network made in China che però sta rimodellando le menti, soprattutto, anche se non solo, dei più giovani che possono prendersi una rivincita sul mondo reale dove mai, almeno così pensano essi stessi, avrebbero potuto ottenere successo e visibilità. Non importa se si abbia un particolare talento o meno, ciò che conta è produrre visualizzazioni e tutto va bene purché conduca allo scopo. Così si scatenano in rete video di risse, di atti di bullismo, di scherzi estremi, di atti vandalici e di ogni sorta di follia. Una follia che, come già detto, non interessa soltanto i giovanissimi, ma un po’ tutte le fasce d’età e che ha permesso a quelle persone, che un tempo si nascondevano, di ostentare il proprio stile di vita criminale e delinquenziale. Nell’ultimo anno, infatti, grazie anche al contributo notevole dei social media, è cresciuto in modo esponenziale la celebrazione del crimine e delle figure rappresentative come boss di mafia e camorra. Così si trovano in giro filmati con musiche neomelodiche strappalacrime dedicati a boss scarcerati, a camorristi rimasti uccisi, ad edicole votive edificate per omaggiare delinquenti e criminali e diventate mete di pellegrinaggio.
Chi lavora nel campo dei social utilizzando per diffondere cultura cosa pensa di tutto questo?
“Tik Tok spopola fra i giovanissimi perché è semplicemente un luogo non popolato dagli adulti (o almeno credono). Accadde così con Instagram tanti anni fa e, ancora prima, con Facebook. Quando i social vengono invasi dagli adulti, ‘rovinano’ l’atmosfera che si crea fra le persone della stessa età. Secondo me ci sono due ragioni per cui si condividono certi contenuti degradanti: c’è chi li vuole e in secondo luogo ci sono molte persone che li mettono in risalto e, di fatto, rendono famosi, o creano dei processi di emulazione, per personaggi quantomeno discutibili. A me non piace per niente Tik Tok, però non dobbiamo immaginarlo come l’inferno. Purtroppo ci sono canali di persone ignoranti e volgari che diventano famose perché non c’è nessuno che di fatto le ferma.” – spiega Federico Quagliuolo di “Storie di Napoli” che promuove la cultura partenopea e campana sui social ed il web.
Ovviamente non si può credere che la colpa del degrado della società odierna sia tutta riconducibile a Tik Tok né che quest’ultimo sia soltanto un contenitore di oscenità, volgarità e di ostentazione del vivere al di fuori delle regole, come spiega anche il prof. Davide Borrelli, docente di sociologia dei media e dei consumi culturali all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli: “Bisogna vedere da che punto di vista si valutano i contenuti proposti come degradanti. Tutti i media, a cominciare dal cinema, quando sono nati sono stati accusati di proporre contenuti di bassa lega e qualità. In realtà, allargano lo spazio del visibile e portano attenzione anche su soggetti e fenomeni tradizionalmente invisibili o ‘o-sceni’, nel senso etimologico di ‘al di fuori della scena pubblica’. Perciò starei attento a stigmatizzare Tik Tok in maniera irriflesa e frettolosa, magari è l’incubatore di un nuovo linguaggio espressivo che ancora fatichiamo a decodificare, soprattutto è dannoso condannarlo perché crea barriere fra coorti anagrafiche che finiscono per non comunicare più tra di loro.”-
Al di là però dell’esigenza e della richiesta dei giovani di spazi e linguaggi propri, utilizzati anche in modo degno e costruttivo (il che forse succede il più delle volte ma il ’buono’ fa sempre meno rumore di ciò che è ‘cattivo’), esiste però un fenomeno che desta molta preoccupazione perché l’esaltazione della criminalità e della delinquenza può mettere in moto, come già sta accadendo, un processo che dà vita ad emulazioni. Per questo in Campania è stato istituito, da un‘idea del Consigliere Regionale di Europa Verde Francesco Emilio Borrelli, l’Osservatorio su Tik Tok attraverso il quale i cittadini possono segnalare contenuti inappropriati, violenti e che esaltano la criminalità. Lo scopo è richiedere l’attenzione e l’intervento delle Autorità e della Magistratura.
Insomma non è tutto nero ma ci sono davvero tante zone color grigio scuro, per lo meno. Ai posteri l’ardua sentenza? Forse questa volta bisognerebbe intervenire (nella maniera giusta) nel presente.