Ogni anno in Italia 2 milioni di tonnellate di cibo finiscono nella spazzatura. Come si combatte lo spreco alimentare in Campania?

Ovunque voltiamo la testa- in una società consumistica come la nostra- ci imbattiamo in un grandissimo spreco. Enorme è quello alimentare. Basti guardare gli eventi mondani, le cene ed i pranzi delle ricorrenze e la quantità di cibo che finisce nel secchio della spazzatura. A volte basterebbe avere delle piccole accortezze come capire quando un prodotto deperisce realmente o perde soltanto le proprietà organolettiche dopo la data di scadenza riportata (“da consumarsi preferibilmente” che indica il Termine di Conservazione Minimo).

Lo scorso 5 febbraio si è celebrata la IX Giornata nazionale di Prevenzione dello spreco alimentar. Per tale occasione  sono stati diffusi i dati del Rapporto ‘Il caso Italia’ 2022 di Waste Watcher International per iniziativa della campagna Spreco Zero di Last Minute Market e dell’Università di Bologna, su monitoraggio Ipsos, secondo cui  nell’ultimo biennio è tornato crescere lo spreco di cibo tra gli italiani e durante l’ultimo anno si sono sperperati ben 1.866.000 tonnellate di cibo (un aumento di circa il 15% in più rispetto all’anno precedente) con un valore economico corrispondente a 7 miliardi di euro.

In Campania, Coldiretti a e Legambiente hanno promosso insieme un’iniziativa per promuovere negli agriturismi della rete Campagna Amica/Terranostra il recupero degli avanzi con le vaschette antispreco, riciclabili al 100%.

La campagna prevede la distribuzione e l’utilizzo di vaschette di alluminio come strumento per consentire ai clienti delle attività ristorative aderenti di portare a casa il cibo non consumato.

«La somma degli agriturismi aderenti produrrà un reale freno agli sprechi, evitando di trasformare in rifiuto piatti ancora buoni. Sui 40 agriturismi aderenti (ma puntiamo a coinvolgerne 100 nel breve tempo) ruotano circa 2.000 coperti a settimana.» – mi spiega Nicola De Ieso, addetto alla comunicazione di Coldiretti-Campania «Se ogni coperto recupera 500 grammi di cibo, ogni settimana abbiamo 1 tonnellata in meno di scarto alimentare. Ci aspettiamo di trasmettere ai cittadini un messaggio duplice, ambientale e nutrizionale. Si riduce lo spreco, ma si impara a rispettare il valore del cibo, sia in quanto bene essenziale per la vita umana sia in quanto prodotto del lavoro degli agricoltori e degli allevatori del proprio territorio.».

Quel che salta agli occhi- dato la sacralità (soprattutto a Napoli) dell’alimento in questione- è lo spreco giornaliero di pane. Ogni giorno, infatti tutto il pane invenduto nei supermercati finisce al macero o gettato anche nei cassonetti dei rifiuti. Tra il 2014 e il 2018 i fornitori di Coop Italia hanno ritirato e smaltito pane invenduto per un valore superiore ai 20 milioni di euro.

«È uno spreco che potrebbe essere contrastato con l’eliminazione del reso obbligatorio dei supermercati nei confronti dei panificatori. Questa inoltre sarebbe anche una forma di tutela dei produttori che oggi devono fare i conti anche con l’aumento del costo della farina e del gas. Senza l’obbligo del reso, i gestori dei supermercati si farebbero due conti in tasca ed ordinerebbero un quantitativo di pane più congruo alle reali esigenze e ciò porterebbe, ovviamente, ad una riduzione di spreco.» -spiega Mimmo Filosa- presidente di UNIPAN Campania – «Probabilmente resterebbe comunque dell’invenduto ma il pane del giorno prima, soprattutto quello campano, è assolutamente ancora buono da consumare  e quindi si potrebbe attivare una rete per la distribuzione di questo pane nelle mense e  per i bisognosi, oppure per essere utilizzato come alimento zootecnico. Non c’è regolamentazione su questo, bisognerebbe lavorare in questa direzione.».

Invece la Regione Campania quali misure anti-spreco ha adottato?

«Nel 2015 ha approvato una legge sulla riconversione delle eccedenze alimentari, ma con il grande limite di coinvolgere esclusivamente le imprese che adottano i procedimenti produttivi improntati alla responsabilità sociale e concessionarie del marchio etico regionale, limitando in tal modo i soggetti interessati a poche società della grande distribuzione. Nulla è previsto per imprese medie e piccole.» – racconta Francesco Emilio Borrelli, presidente dell’VIII Commissione regionale (Agricoltura, Caccia, Pesca, Risorse comunitarie e statali per lo sviluppo) – «Di fatto, anche la semplice donazione del pane invenduto da parte dei panifici o rivendite alimentari, diventa problematica, addirittura rischiando di incorrere in sanzioni amministrative atteso che ha 24 ore dalla produzione il pane viene considerato non più utilizzabile. Problematica diventa anche per ristoranti e mense la possibilità di distribuire a fine giornata i pasti preparati e non utilizzati. Per questo sto lavorando a una nuova norma che però non entri in conflitto con quelle nazionali rischiando quindi di farcela impugnare dal Governo.».

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